Recensione: In ‘Brimstone,’ la B è per Desolante, brutale e sanguinosa

Non ci vuole molto prima che “Brimstone” faccia bene alla promessa — e alla minaccia — implicita nel suo titolo. Uno spettacolo horror western con un calcio inesorabile Vecchio e Nuovo Testamento, si apre su una scena ambigua che presto lascia il posto a un mondo di terrori, molti dei quali coinvolgono bambini e genitori. In una scena, una mano fetale si protende dall’utero; in un’altra, un uomo viene sventrato e le sue interiora sono drappeggiate sul suo corpo che respira ancora. È un mondo duro e brutto, o almeno così lo scrittore e regista olandese Martin Koolhoven continua a insistere per 149 estenuanti minuti.

La carneficina ti spinge via (e ti logora), anche se il genere, il cast operoso, i paesaggi meravigliosi e le immagini forti e spesso sorprendenti ti attirano. Dakota Fanning interpreta Liz, una donna di frontiera in America che vive nella sua fattoria di famiglia e serve come ostetrica per la gente del posto. Muta, Liz comunica con suo marito e i suoi figli con i suoi occhi espressivi e i suoi gesti delle mani, usando il suo più piccolo come canale per il mondo più grande. Sembra una dolce fetta di paradiso fino all’arrivo di un nuovo ministro, un cupo mietitore con una cicatrice frastagliata e una brutta atmosfera che tutti chiamano il Reverendo (Guy Pearce) ma sembra uscito dall’inferno.

Liz e il Reverendo condividono la storia, che il signor Koolhoven rivela lentamente in flashback che si inclinano progressivamente più surreali. Mentre un capitolo brutale della sua vita scivola nel prossimo, Dio viene invocato per nome e deriso dall’esempio, e Liz impara molte lezioni, tutte orribili. Uccide un maiale( in una scena spaventosa e inutilmente estesa); perde i suoi genitori; perde il suo unico amico; perde la lingua; perde se stessa; trova la felicità, ma perde anche quello. Come l’eroina di un serial dell’era silenziosa o di un film slasher degli anni ‘ 70, prende una leccata e continua a ticchettare.

Mentre Liz corre da un capo all’altro di questo film, schivando e sopportando il pericolo, il signor Koolhoven sembra cercare di dire qualcosa su Dio e il dominio maschile, la misoginia e la resilienza femminile. O forse ama Cormac McCarthy (o Lars von Trier). È difficile saperlo, perché troppo spesso in “Brimstone” non riesci a sentire il segnale per le lame che cadono, i colli che si spezzano, i corpi che cadono e gli spari tuonanti. Data la sua sete di sangue, “Brimstone” avrebbe potuto essere migliore se il signor Koolhoven avesse approfondito di più la storia (e non solo la sua eroina) e se ne fosse andato per uno sfruttamento completo. C’e ‘ un film bello e brutto qui da qualche parte.

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