(Translation by/ Tradotto da Matteo Nicoli)
Ferdinand “Jelly Roll Morton” LaMothe (1890) fu un pianista Creolo nero (ma di pelle molto chiara) che spicca come il primo grande compositore jazz; mischiando gli stili blues e ragtime: una fusione che probabilmente rappresenta le origini del jazz meglio di ogni altra cosa. Il suo Jerry Roll Blues (settembre 1915) fu il primo pezzo di musica jazz ad essere pubblicato. Morton lascia New Orleans nel 1908, suona in California dal 1917 al 1922, poi a Chicago, quindi si trasferisce a New York City nel 1928.
Scoperto dal pubblicitario Walter Melrose, Morton fu lanciato in un sestetto guidato da corno, clarinetto, trombone e sassofono, con i quali incise Big Foot Ham (giugno 1923) and Muddy Water Blues (giugno 1923), ed in coppia con i New Orleans Rhythm Kings suonando tre dei suoi pezzi (il primo disco jazz multietnico): Mr Jelly Lord, London Blues e Milenberg Joys (luglio 1923). Entrambi i dischi mostrano le abilità di Morton nel concepire un buon numero di soluzioni tonali e dinamiche.
Gettò le fondamenta del suo ensemble muscale con una manciata di perle precoci, la maggior parte per piano solo, come Wolverine Blues (pubblicata nel febbraio 1923, versione solo registrata a luglio) e molti pezzi simil-ragtime: The Pearls (luglio 1923), Kansas City Stomp (luglio 1923), King Porter Stomp (luglio 1923), Shreveport Stomp (giugno 1924), Froggie More (maggio 1924), più tardi rinominata Shoe Shiner’s Drag (1928) nella versione “band”. Emblematica è anche King Porter Stomp (dicembre 1924) in collaborazione con King Oliver, uno dei primi duetti piano-tromba. Morton perferzionò il suo stile nell’anarchica Chicago registrando con la sua band Red Hot Peppers, creata unicamente per le registrazioni in studio da misicisti (di differenti etnie) che erano familiari con il nuovo stile “hot” di New Orleans (alcuni provenienti dalla Dreamland Syncopators di Louis Armstrong), come il trombettista Edward “Kid” Ory e il clarinettista Johnny Dodds. Black Bottom Stomp (settembre 1926), il suo capolavoro, che si compone di tre temi, due tempi e sette strumenti; la toccante Dead Man Blues (settembre 1926), un’altra esibizione di polifonia jazz (con un trio di clarinetti), Sidewalk Blues (settembre 1926), che è la riscrittura della sua Fish Tail Blues (1924), Steamboat Stomp (settembre 1926), Grandpa’s Spells (december 1926), Jungle Blues (luglio 1927), Mournful Serenade (luglio 1928) per un quartetto composto da pianoforte, clarinetto, trombone e percussioni, ecc. Lo stile del gruppo fu fondamentalmente un ragtime orchestrato, sebbene fosse ricco di “decorazioni” (varietà tonali, dinamiche creative). Non meno creativa fu Shreveport Stomp (giugno 1928), uno dei primi duetti piano-clarinetto.
Durante la sua permanenza a New York continuò a dare alla luce pezzi influenti come Freakish (luglio 1929), uno dei suoi pezzi piano solo più audaci, e come – con i Red Hot Peppers – Mint Julep (novembre 1929), Ponchartrain (marzo 1930) e Fickle Fay Creep (ottobre 1930).
Fondamentalmente Morton liberò la ragtime dal suo stesso limite: la macchinosa geometria di melodia e ritmo. La sincope del ragtime poteva essere utilizzata solo per alcuni temi, mentre quella di Morton poteva applicarsi virtualmente ad ogni cosa. Il segreto era una sconfinata creatività ritmica, con reminiscenze che vanno dal blues alla marcia, dalla quadriglia fino alle danze latino americane. Cionondimeno l’arte di Morton funzionava come un orologio, nel senso che le performance erano attentemente pianificate, con pochi spazi lasciati all’improvvisazione. La sua orchestra era praticamente un’estensione del pianoforte. Nessun’altra orchestra del tempo raggiunse tali livelli di sofisticazione ritmica e sonora. Gli arrangiamenti della sua band hanno creato lo stereotipo del tridente jazz (corno, clarinetto e trombone), nonostante ironicamente il successo di tale schema fu dovuto a strategie calcolate in studio.
Morton fu anche il musicista che cambiò gli scopi della musica jazz. La sua musica nasceva come musica jazz da incidere, ed era pubblicizzata come tale. Da qui l’attenzione per l’architettura delle parti di gruppo e di solo. Da qui le riserve sull’improvvisazione: Morton voleva registrare proprio quel dato suono, non una sfumatura che solo un’improvvisazione poteva produrre. Da qui la sua band da studio, che praticamente non esisteva al di fuori. C’erano almeno due ragioni per le quali Morton preferiva la registrazione alla performance dal vivo. La prima fu Walter Melrose, uno dei primi uomini d’affari bianchi a capire che tali registrazioni avevano un loro mercato. La seconda erano i problemi di Morton con la criminalità di Chicago: la sua band esisteva solo in studio perché non era la benvenuta nei club cittadini.
Morì nel 1941.