Veronica Franco

Vorrei che non fosse un peccato averlo apprezzato così. – Veronica Franco

La nostra parola “cortigiana” deriva (via francese) dall’italiano cortigiana, ma il termine era originariamente usato (con vari modificatori) per indicare praticamente qualsiasi puttana; coloro che soddisfacevano i criteri che ora associamo alla parola erano chiamati cortigiana onesta. Venezia del XVI secolo era rinomata per il numero e la qualità delle sue cortigiane, e la più famosa di queste fu Veronica Franco, che è ricordata non solo per la sua professione, ma anche per la sua poesia e le sue lettere.

Veronica nacque nel 1546 da una famiglia della classe cittadina; aveva tre fratelli che furono educati da tutori, e sua madre, una ex cortigiana onesta stessa, insistette perché Veronica condividesse quell’educazione. Questa si è rivelata una decisione saggia, perché anche se Veronica era sposata nella sua metà degli anni dell “adolescenza ad un medico di nome Paolo Panizza, l” accordo si è rivelato soffocante e ben presto ha cercato il divorzio. Anche se le donne veneziane di quel tempo potrebbe avviare tali procedimenti, ottenere un insediamento di proprietà o di sostegno era praticamente impossibile se lo hanno fatto; ha chiesto al marito di restituire la sua dote, ma ha rifiutato, e con un bambino piccolo per mantenere aveva poca scelta se non diventare una cortigiana. Fortunatamente sua madre l’ha addestrata bene e Veronica era un’allieva adatta; ben presto eccelleva nella sua professione e fu in grado di sostenere la sua famiglia in grande splendore per un decennio.

Ritratto di Paolo Veronese, c. 1575

Con il tempo aveva vent’anni, Veronica era tra i più popolari e rispettati cortigiane di Venezia; la sua intelligenza, la forte personalità e abilità sessuali, ha vinto la sua un numero di clienti importanti, tra cui il Re di Francia Enrico III, e Domenico Venier, un ricco poeta e consulente letterario, il cui salone Veronica è entrato quando aveva 25. Come membro dei letterati veneziani ha partecipato a discussioni di gruppo e ha contribuito a raccolte di poesie pubblicate collettivamente dal salon; ha anche contribuito a modificare queste antologie. Nel 1575 pubblicò Terze Rime, una raccolta di 25 capitoli (lettere in versi) in forma di titolo; 17 di essi sono suoi e gli altri sono di Marco Venier (fratello di Domenico) e altri, scrivendo a e su di lei. La poesia di Veronica è erotica e talvolta sessualmente esplicita; non si vergognava di essere una cortigiana, ma piuttosto la celebrava, e difendeva i diritti delle cortigiane (e delle donne in generale) in molti dei capitoli. #16 è una risposta a tre poesie oscene scritte da Maffio Venier (cugino del suo patrono) nel tentativo di umiliarla pubblicamente.

Purtroppo, il successo di Veronica non è destinato a durare; subito dopo la pubblicazione del suo libro la peste scoppiò a Venezia e imperversò per due anni. Fu costretta a fuggire dalla città, e in sua assenza la sua casa fu saccheggiata; perse la maggior parte dei suoi beni (tra cui una biblioteca che era tra le migliori collezioni private d’Europa), e fu salvata dalla rovina solo dal generoso mecenatismo di Domenico Venier. La peste prese anche sua madre e un fratello, così fu lasciata alle cure dei suoi nipoti oltre ai suoi figli (alla fine ne ebbe sei in tutto, tre dei quali morirono nell’infanzia). Al suo ritorno a Venezia nel 1577, tentò senza successo di convincere la città a finanziare un ente di beneficenza per i figli delle cortigiane.

Nel 1580, Franco pubblicò Lettere Familiari a Diversi, una raccolta di 50 lettere, a vari clienti (tra cui Enrico III), amici e altri; alcune delle lettere contengono dati biografici, altre danno consigli (tra cui uno a una madre che stava pensando di crescere la figlia come cortigiana), altre ancora espongono le sue opinioni filosofiche e morali. Ma come nel 1575, questa pubblicazione è stata seguita da vicino dal disastro; suo figlio tutor, Ridolfo Vannitelli (possibilmente motivata dalla sua mortificare le sue avances), denunciata all’Inquisizione con l’accusa di stregoneria, e se la sua difesa eloquente, con l’aiuto di Domenico Venier, i suoi molti clienti, tra la nobiltà e molto probabilmente l’intercessione di uno degli Inquisitori, ha vinto la sua assoluzione, la sua reputazione è stata danneggiata irreparabilmente e l’ultimo della sua fortuna è stato impoverito. Venier morì due anni dopo, e Veronica fu costretta a trasferirsi in una zona povera abitata per lo più da puttane di classe inferiore. Morì nel 1591, all’età di 45 anni, in relativa povertà e quasi oscurità, dopo aver vissuto il periodo di massimo splendore della sua professione.

Sono venuta a conoscenza della storia di Veronica Franco dopo essere diventata una call girl, attraverso il film Dangerous Beauty (basato sul libro di Margaret Rosenthal The Honest Courtesan); un mio amico l’ha visto e ha insistito per guardarlo insieme, e sono contento che lo abbia fatto perché è stato meraviglioso vedere un ritratto così positivo della prostituzione. Il film prende drammatico liberty con alcuni aspetti della sua vita, ma che non aderisce allo spirito delle sue esperienze e l’atteggiamento e la personalità visualizzato nella sua poesia; si apre con la traduzione in inglese di una delle sue poesie, ma come è stato scritto dopo il declino della sua fortuna vorrei chiudere con:

Abbiamo ballato i nostri giovani in una città sognata,
Venezia, paradiso, orgogliosa e bella.
Abbiamo vissuto per amore e lussuria e bellezza,
Piacere quindi il nostro unico dovere;
Li galleggiante twixt cielo e Terra
E bevuto su abbondanza di gioia benedetta.
Allora pensavamo di essere eterni,
La nostra gloria sigillata dalla penna di Dio.
Ma heav’n, abbiamo trovato è sempre fragile,
Contro la paura dell’uomo fallirà sempre.

Un anno fa

“Unreal Princesses” esamina il fenomeno che io chiamo “cyberdrag” (uomini che fingono di essere donne online), e soprattutto il caso di Thomas Bohannan (AKA “Alexa di Carlo”).

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